Sembra che l’arte, secondo la Preobraženskaja, stia proprio qui: nella quotidianità, nell’immanente, nel modo in cui gli ‘ultimi’ approcciano il mondo ideale. Certo, il conflitto tra mondo ideale e reale è un motivo presente in letteratura e filosofia da millenni, inasprito dalla modernità con le sue rivoluzioni industriali e l’inarrestabile progresso tecnologico; ed è lecito chiedersi in cosa consista la specificità della Preobraženskaja in questa riflessione. Ebbene, secondo chi scrive è importante notare che la poetessa non cerca di risolvere il conflitto tra ideale e reale, ma tenta di sfruttarlo in chiave poetica; e questo doppio tentativo è espresso in una lingua semplice, accessibile, dinamica e quotidiana, ma non per questo sterile. I negozi di alimentari coesistono col mito, la contemplazione di un congelatore si rivela un’esperienza epifanica e po(i)etica, il fervore ella parola nasce da ciò che a prima vista sembra assolutamente insignificante. Si potrebbe a questo punto pensare che la poesia della Preobraženskaja non sia altro che un patchwork di referenze letterarie slegate dal cosiddetto ‘testo pietroburghese’, noto anche in Italia attraverso l’opera di Dostoevskij, Gogol’ e Belyj. Sarebbe insensato aspettarsi degli echi espliciti della tradizione classica nella poesia della Preobraženskaja. Eppure, ci si chiede, viziati dall’immagine stereotipata che in Italia non di rado si ha della Russia, dove sia la città di Pietroburgo in questo rizoma eterogeneo ma organico di testi, modelli e referenze. (dall’introduzione di Мanuel Ghilarducci)
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