giovedì 25 novembre 2021

Pelle e Ossa di Aleksandr Malinin

Aleksandr Malinin è nato nel 1991 a Joškar-Ola; attualmente vive a San Pietroburgo. Suoi versi sono pubblicati nei siti letterari “Polutona”, “Literratura”, “TextOnly”, “Novaja karta russkoj literatury”, nelle riviste “Vozduch”, “Nosorog”, “Paradigma”, “Kontekst”. Ha pubblicato le raccolte poetiche Legkij vzmach reki [Il lieve battito del fiume] (2016), Nevod [La rete a strascico] (2016). Ha partecipato al tredicesimo Festival dei nuovi poeti (San Pietroburgo 2018). Suoi versi sono apparsi in traduzione italiana nella rivista “Atelier”, nell'antologia Planetaria (Taut 2020), alla cui presentazione milanese è stato invitato (febbraio 2020). Conoscitore della lingua italiana, ha tradotto in russo alcuni poeti italiani contemporanei.

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15 commenti:

  1. Se la guerra la raccontano le donne; se a farla raccontare è Svetlana Aleksievic; se le sue interlocutrici avevano in gran parte diciotto o diciannove anni quando sono corse al fronte per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore, allora nasce un libro come questo

    22 giugno 1941: l'uragano che Hitler ha scatenato verso Est comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. Attraverso un lavoro di anni e centinaia di conversazioni e interviste, l'autrice ha ricostruito il volto della guerra al femminile, che ''ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue''.

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  2. Questo volume traccia la parabola dell'Urss dalle origini fino al suo trionfo sul nazismo. Attingendo alla documentazione resasi disponibile dopo il collasso dell'Urss e alle ricerche condotte su di essa, l'autore ha potuto operare una ricostruzione nuova, e diversamente credibile, di una storia che ha affascinato e impaurito il XX secolo. Due dittature affini ma anche profondamente diverse, quella di Lenin e quella di Stalin, due guerre mondiali, una guerra civile e una guerra scatenata nel 1929 dal regime contro la popolazione, che causò nel 1931-33 due carestie sterminatrici, nonché la più grande operazione di terrore preventivo mai condotta in epoca di pace in un paese europeo formano lo sfondo in cui Graziosi inserisce la costruzione del grande "esperimento" sovietico. Al centro dell'attenzione vi sono l'ideologia, le mentalità e i comportamenti del gruppo dirigente, dei contadini, degli operai, delle donne e degli intellettuali; le capacità e i limiti di un sistema economico peculiare; le esperienze vissute dalle nazionalità; e l'influenza che l'Urss ha esercitato sia attraverso gli strumenti tradizionali, sia attraverso lo straordinario potere di attrazione di quella che è stata l'ultima grande utopia nata in Occidente.

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  3. L'"arcipelago Gulag", l'ampia e fitta rete di campi di concentramento sovietici, è affiorato alla coscienza del mondo solo nel 1973, con la pubblicazione del romanzo autobiografico di Aleksandr Solzenicyn. Da allora, e in particolare dopo il crollo dell'Unione Sovietica, documenti a lungo tenuti nascosti hanno gettato nuova luce sul ruolo svolto dal gulag: oltra a essere lo strumento repressivo di ogni forma di opposizione politica e sociale, esso fu l'arma segreta di Stalin, che fece del lavoro coatto la base dell'industrializzazione del paese. In questo libro Anne Applebaum ricostruisce il sistema sovietico dei campi, dalla sua nascita subito dopo la Rivoluzione d'ottobre al suo smantellamento negli anni ottanta.

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  4. Tra gli orrori di cui la storia del Novecento è stata prodiga, pochi sono paragonabili alla condizione dei besprizornye, come venivano chiamati nella Russia postrivoluzionaria gli innumerevoli bambini e ragazzini rimasti orfani in seguito alla guerra, alla guerra civile o alla carestia. Stimati tra i sei e i sette milioni nel 1922, sporchi, vestiti di stracci, vagavano da soli o in gruppi per le città e le campagne in cerca di cibo, spostandosi nel paese aggrappati alle balestre sotto i vagoni dei treni, trovando riparo dal gelo negli scantinati delle stazioni o dentro i cassonetti, spinti dalla fame a un crescendo di aggressività e violenza che arrivava fino al cannibalismo. Né potevano offrire un’alternativa a quella vita gli orfanotrofi pubblici: strutture, in tutto simili ai lager dove bambini scheletrici giacevano ammassati in condizioni spaventose. E se negli anni Venti il problema viene studiato sul piano sociale, politico, giudiziario, psicologico ed educativo, in seguito saranno imposti il silenzio e la censura da parte di uno Stato che non può certo ammettere un simile sfacelo nel "paradiso" della società sovietica. Negli ultimi trent'anni il fenomeno è tornato oggetto di analisi e rigorose ricerche storiche. Ma solo Luciano Mecacci è riuscito, grazie a testimonianze dirette e documenti dell'epoca spesso trascurati, a offrirne una ricostruzione completa anche dall'interno, calandosi – e calandoci – nell'abisso umano dei protagonisti di vicende che possono sembrare, oggi, semplicemente inverosimili.

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  5. Il Muro costituisce la metafora e la sintesi dell'intera Guerra fredda. È uno dei principali fondamenti della sconfitta definitiva del socialismo reale, di fronte alla straordinaria capacità affabulatrice del capitalismo nella sua fase matura. Ma il Muro segna anche l'inizio della manipolazione di massa, in forme completamente nuove rispetto al passato, e il mutamento radicale delle stesse forme della competizione geopolitica. Oggi, a trent'anni dalla caduta del "Muro", possiamo già intravvedere il baccanale delle celebrazioni di quella vittoria: tanta più enfasi sarà data all'evento, quanto più serio è oggi il pericolo di una revisione di quella narrazione. In questo libro l'autore rivela aspetti sconosciuti e chiarificatori della nostra storia più recente.

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  6. L'universo sovietico ha suscitato per circa settant'anni entusiasmi e avversioni. Attraverso una periodizzazione non scandita dalla banalità dei decenni, qui si analizzano eventi storici, imprese, campagne promozionali e dissuasorie subite dai cittadini del paese dei soviet, con uno speciale accento sulla percezione dei fatti nella quotidianità della gente comune. Propaganda, retorica, passioni sono prese in esame sulla base della cartellonistica, delle riviste, del cinema, dell'architettura, delle arti, della cronaca. Dai trascinanti investimenti dei primi anni al binomio euforia-terrore che ha segnato l'era staliniana, dalle sottoculture giovanili degli anni Cinquanta e Sessanta ai primi passi del rock nei Settanta, si giungerà alla fatidica notte di Natale del 1991, che vide l'ammaina bandiera rossa sul Cremlino. Tutto documentato da un ricco apparato iconografico tratto dalla straordinaria produzione di grafici e artisti del tempo.

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  7. Dalla scomparsa dell'Unione Sovietica, la Federazione Russa s'interroga sulla propria posizione nel mondo, tra la nostalgia del passato imperiale e il ridimensionamento della nuova Russia. Le risposte a questo interrogativo sono state diverse negli anni, riflettendo, da un lato, la situazione politica ed economica interna e, dall'altro, i mutamenti del contesto strategico globale. Si è passati così dall'«occidentalizzazione» della presidenza Elstin al cambio di rotta di Putin, con il recupero del ruolo di potenza euroasiatica, la centralizzazione e verticalizzazione del potere e la promozione dei valori considerati permanenti della civiltà russa. Questo saggio, a cura di ISPI, analizza i vari aspetti storici, economici, politici di questi passaggi cruciali, fornendo una mappa fondamentale per comprendere le complesse dinamiche di un attore di primaria importanza nell'ordine mondiale degli ultimi decenni.

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  8. Presentendo quello che sarebbe stato il destino della sua memoria, Iosif Vissarionovi Dugaavili, più semplicemente conosciuto con il nome di "Stalin" (acciaio), affermò, prima di morire, che sarebbe stata tanta la spazzatura gettata sulla sua tomba: calunnie e diffamazioni che "il vento della storia", secondo lo stesso Stalin, avrebbe provveduto a "spazzare via senza pietà". Quali che siano i termini del dibattito su Stalin, non c'è dubbio che intorno alla figura del "piccolo padre", in un mondo ancora sconvolto dal secondo conflitto mondiale eppure pervaso da un'inarrestabile tensione verso la giustizia sociale, si coagularono i desideri, i sogni e le speranze di milioni lavoratori di ogni paese: un'intera classe di sfruttati per i quali l'economia collettivista e la gestione proletaria di campi e officine era un esempio e un modello da seguire. Attraverso una selezione di opere del Segretario Generale del Partito Comunista dell'URSS, il libro rosso di Stalin offre a Stalin l'occasione di raccontare se stesso e, al lettore, di avere una panoramica su una figura che il capitalismo trionfante ha fin troppo velocemente relegato nell'ambito di un passato oscuro.

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  9. Frenati dalla paura dell’olocausto nucleare, durante la Guerra fredda USA e URSS trasformarono il rischioso confronto militare in un’insolita competizione per la scalata del cielo: una corsa a tappe con un convenzionale traguardo segnato dallo sbarco umano sulla Luna. Furono gli americani a tagliare per primi il filo di lana, il 20 luglio 1969. Ma quanti ricordano che al via i sovietici avevano guadagnato a sorpresa la prima posizione mantenendola, nello sgomento e nell'ammirazione del mondo, sin quasi alla fine della gara? Prendendo le mosse dai pionieristici studi sul volo spaziale di Konstantin Ciolkovskij, Massimo Capaccioli ripercorre in modo vivace e coinvolgente tutte le tappe della corsa allo spazio con il riflettore puntato sull’URSS. Un’avventura che, sotto la costante supervisione di Sergej Korolëv, il misterioso “progettista capo, trovò nello Sputnik 1, nella cagnetta Laika e in coraggiosi cosmonauti come Jurij Gagarin, Valentina Tereškova e Aleksej Leonov i propri emblemi e i propri campioni. Una storia fatta non solo di enormi macchine o di sofisticati congegni, ma anche di ambizioni, abnegazione, patriottismo, colpi bassi, gelosie, errori e capricci della sorte.

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  10. Un confronto a tutto campo con la figura di Stalin: dal dittatore esaltato del "culto della personalità" all'uomo in carne e ossa.

    I libri dedicati a tratteggiare la figura di Stalin sono molti, ma nessuno studio prima di questo ha tenuto conto in maniera decisiva e dettagliata di quanto emerso dal torrente di documenti resi pubblici dopo l'apertura degli archivi segreti all'indomani del crollo dell'Unione Sovietica. Si tratta di fonti che sciolgono in maniera definitiva alcune delle questioni controverse che da sempre accompagnano il regime staliniano, quali le ragioni dell'accordo Molotov-Ribbentrop o il sospetto relativo a un presunto complotto per assassinare Stalin culminato nella sua morte nel 1953; la designazione o meno di un erede "segreto"; il XX Congresso e la denuncia del "culto della personalità"; l'esistenza o meno di un archivio personale del dittatore.

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  11. Gagarin. Basta il nome. È forse oggi incredibilmente difficile far percepire quanto, mezzo secolo fa, bastasse il nome, solo quel nome, che poi era il cognome di Jurij Alekseevic Gagarin, per muovere in milioni e milioni di persone di tutto il pianeta un entusiasmo paragonabile allora solo a quello della prima rockstar, Elvis Presley. Non è un caso se questi due personaggi rappresentano al meglio i modelli sociali e politici che si scontrano nella guerra fredda. Lo statunitense Presley simboleggia il giovanilismo ribelle, la cosiddetta libertà americana. Gagarin è la massima rappresentazione del mito dell'uomo sovietico: bello, bravo, studioso, laborioso, impegnato. È lo scontro epocale tra due superpotenze che in quell'inizio di decennio, nel 1961, moltiplicano il confronto, non solo nello spazio, ma anche sulla terra, anche perché a Cuba hanno vinto Che Guevara e i fratelli Fidel e Raul Castro. Gagarin realizza un vivace ed emozionato racconto della sua vita, che è anche quello della scienza sovietica, dei successi conseguiti e dei sogni di una generazione. Di lui Gianni Rodari ha scritto: "Il volo di Gagarin è stato reso possibile dal lavoro, dalle sofferenze, dalle speranze, dalle lotte di centinaia di generazioni, è il fiore bellissimo che non può sbocciare se non ha stelo, radici e tanta buona terra intorno. ... L'uomo dello spazio... non Icaro, che sogna di toccare il sole e cade. Lui vola e ritorna e ci dice che la strada è aperta..." Prefazione di Margherita Hack.

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  12. Tra l'arrivo dell'Armata Rossa sul suolo tedesco e il collasso finale del nazismo trascorsero mesi terribili, un periodo che non si può paragonare a nessun altro della seconda guerra mondiale. L'esercito sovietico intendeva vendicare le stragi che i nazisti avevano compiuto sulla popolazione russa durante l'invasione iniziata nel 1941 con l'operazione Barbarossa. Dalle grandi battaglie con le quali i tedeschi cercarono invano di arginare in Prussia la marea sovietica che avanzava implacabilmente, fino alla resa finale sull'estuario della Vistola, questo libro racconta con dovizia di particolari la lotta disperata di soldati e civili tedeschi. Gli eventi bellici sono narrati vividamente con l'apporto di testimonianze finora sconosciute e, quel che più conta, con un'attenta analisi strategica. Una pagina di storia tra le più sanguinose e meno conosciute della seconda guerra mondiale.

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  13. Lev Landau (1908-68) è stato forse il massimo esponente della fisica teorica in Unione Sovietica, e di certo uno dei più grandi scienziati del XX secolo. I suoi brillanti studi sulla superfluidità gli valsero il premio Nobel nel 1962, ma non è solo per questo che ancora oggi i fisici di tutte le età e di tutti i Paesi lo venerano: a lui si deve infatti il più celebre e sistematico trattato di fisica teorica mai pubblicato, su cui si sono formate generazioni di studenti. Geniale, stravagante e polemico, Landau era cresciuto alla corte di Bohr, alla pari con Heisenberg, Pauli e Dirac; in patria invece era guardato con sospetto dal regime e fu addirittura incarcerato. Anche se in seguito riceverà onori e riconoscimenti, non avrà mai più il permesso di uscire dai confini del Paese. Questo libro narra la sua avvincente biografia e, con scrittura semplice e chiara, restituisce la figura a tutto tondo di uno scienziato e di un uomo eccezionale.

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  14. Cinema, cartelloni pubblicitari, monumenti, complessi architettonici: attraverso immagini di grande suggestione si indagano le strategie che hanno contribuito a costruire il sistema sociale, politico e culturale dello stalinismo. Il particolare universo visivo istituito da Stalin - sguardo del dittatore costantemente percepito dal cittadino, grazie alle infinite riproduzioni del corpo (e degli occhi) del capo - caratterizza il ventennio che ha segnato l'affermazione del socialismo reale in Russia, gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. L'ambiguo ma decisivo binomio terrore-euforia è il filo rosso che attraversa i capitoli del libro, dedicati ai differenti ambiti in cui trova espressione il Regime. Dal progetto della ricostruzione di Mosca ai "cantieri socialisti" del Nord, creati per addomesticare la natura; dal recupero di antiche tradizioni russe tradotte nel nuovo linguaggio sovietico alla costruzione di un "corpo collettivo" efficiente e ideologizzato, passando per mostre e parate, scatole di fiammiferi e carte di caramella.

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  15. Nella notte tra il 4 e il 5 settembre 1943 Stalin ricevette al Cremlino i tre metropoliti che assicuravano il governo della Chiesa ortodossa russa. Fu un incontro sorprendente. Il leader sovietico nei decenni precedenti aveva scatenato una persecuzione implacabile nei confronti degli ecclesiastici e dei fedeli ortodossi. I tre vescovi erano dei sopravvissuti all'offensiva antireligiosa consumatasi nel quarto di secolo precedente a quel colloquio. Nel corso di una lunga e cordiale conversazione Stalin espresse il suo consenso all'elezione di un patriarca a capo della Chiesa russa. Dal 1925, infatti, la sede patriarcale era vacante, per il rifiuto del potere sovietico di autorizzare la Chiesa a eleggere un suo nuovo capo. L'8 settembre 1943 il metropolita Sergij (Stragorodskifj fu eletto patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Cosa aveva determinato questo cambiamento della politica religiosa sovietica? Quali erano le radici profonde di questa nuova alleanza tra Chiesa ortodossa e regime? E perché Stalin aveva deciso di far rinascere il patriarcato?

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IO NON SONO IL MIO SINTOMO di Renzia D’Incà (collana Fuochi a cura di Ottavio Rossani)

  Renzia D’Incà con Io non sono il mio sintomo ha scritto una raccolta/specchio: una poesia dopo l’altra si vede e si sente passare un’esper...